'Il bacino del Metauro', di Raimondo Selli

Raimondo Selli

IL BACINO DEL METAURO
Descrizione geologica - Risorse minerarie - Idrogeologia

Edizione elettronica del volume edito nel 1954

PARTE VI
IDROLOGIA SUPERFICIALE E SOTTERRANEA
CAPITOLO II
IDROLOGIA SOTTERRANEA

4. Falde freatiche e artesiane

Oltre le sorgenti ben visibili descritte nel paragrafo precedente, vi sono, in corrispondenza dei rilievi mesozoici, numerose ed abbondanti venute nascoste subalvee, che danno un forte contributo alla portata dei corsi d'acqua (pag. 193) e rappresentano dal punto di vista pratico una notevole risorsa idrica. Purtroppo mancano dati precisi di magra su questi tributi sotterranei; riporto però per orientamento i lavori ricavati dal lavoro di PERRONE (132), a cui rimando per dettagli.
Il Biscuvio che prima dello sbocco del fosso dell'Eremita ha una portata di magra di 24 l-sec, alla confluenza col Candigliano la ha aumentata a 48 l-sec; la differenza è dovuta in gran parte alle venute nascoste dal M. Nerone. Questo rilievo e il Petrano cedono al Bosso, fra l'Eremita e Secchiano, circa 50 l-sec; pure a venute sotterranee sono dovuti gran parte dei 100 l-sec d'aumento di portata del Bosso fra Secchiano e Cagli. Ho già detto delle portate essenzialmente di origine subalvea del Ciordano e del Bevano (pag. 223). A circa 200 l-sec sono valutabili gli apporti sotterranei ricevuti dal Burano fra Pontedazzo e Cagli. Pure sensibili (forse qualche decina di l-sec) sono gli analoghi aumenti di portata del Candigliano fra Piobbico e Acqualagna e del Burano fra Cagli e Acqualagna. A 200 l-sec ammonterebbe il tributo dei MM. Pietralata e Paganuccio al Candigliano (1).
Un'altra cospicua riserva idrica è rappresentata dalle falde freatiche contenute nei terreni alluvionali. Anche se scarseggiano dati precisi, soprattutto di portata, cerchiamo di esaminare le varie falde.
Trascurabili sono a questo riguardo le alluvioni del II terrazzo (pag. 207) per la loro scarsa ampiezza. Molto importante invece sono per la loro estensione quelle del III terrazzo, cui attingono la grande maggioranza dei pozzi. La profondità del pelo freatico rispetto al piano di campagna aumenta progressivamente in via generale dai fianchi vallivi all'orlo del terrazzo e da monte verso mare, per diminuire poi negli ultimi chilometri presso la costa. A monte di Fossombrone la falda freatica del III terrazzo non ha generalmente un grande interesse; per quanto riguarda la profondità si può ricordare che essa è a 5-5 m dalla superficie a S. Angelo in Vado e a 3-4 m presso Urbania.

(1) Se si tien conto dei dati precisi già esposti (pag. 191), questo valore risulta troppo elevato; gli altri invece corrispondono bene alla media delle minime magre annuali.


A valle di Fossombrone e specialmente in sinistra del Metauro la falda assume un più notevole sviluppo; a Pian di Rose (q. 105 circa) il pelo freatico si trova a circa 4 m di profondità a Calcinelli (q. 63 circa) a m 11,5 nel terrazzo sotto Montemaggiore (q. 69 circa) a m 12,7, in destra del Metauro sotto Caminate (q. 20 circa) a m 9, nei dintorni di Fano (q. 16,5) a m 9.
Per quanto si riferisce alla base della falda posso notare che alla fornace di Cuccurano fu incontrata a m 10,5 di profondità; mentre fra questo paese e Fano sembra oscillare fra i 13 e 16 m.
Anche se sfruttata solo in qualche zona, è pure molto importante la falda del IV terrazzo; il suo livello coincide all'incirca con quello del Metauro così a Sterpeti (q. m 69 circa) si trova a circa m 3,5 di profondità. Il IV terrazzo è in continuità con la "spiaggia alta" attuale; perciò nel ripiano costiero su cui sorge Metaurilia la stessa falda s'incontra a pochissimi metri di profondità. Accanto a queste è da ricordare la falda subalvea, sicuramente esistente, ma sulla quale non abbiamo dati.

Le falde freatiche citate hanno in realtà solo in parte una loro individualità. Quella del III terrazzo è sempre ben distinta; occorre però notare che a monte della traversa di Calcinelli è assolutamente indipendente dalle altre per il quasi generale affiorare della base delle alluvioni nella ripa del terrazzo; a valle invece di questo paese versa le proprie acque nelle falde dei ripiani più bassi. Le falde del IV terrazzo e subalvea sono praticamente un tutto unico insieme a quella della "spiaggia alta". Abbiamo così fondamentalmente nelle alluvioni del Metauro due falde freatiche ben distinte per quota e, come vedremo, per alimentazione. Non mi intrattengo su quelle delle alluvioni dei terrazzi più alti e dei depositi detritici vari in quanto sono praticamente pressochè trascurabili. L'alimentazione della falda del III terrazzo è dovuta alle precipitazioni, a venute sorgive nascoste e ai deflussi degli affluenti minori. Essendo questi due ultimi fattori preponderanti, varia da punto a punto la portata della falda. Così ad esempio un pozzo perforato nel perimetro delle fornaci di Cuccurano è rimasto pressochè sterile, mentre un altro a poche centinaia di metri, presso il Fosso degli Uscienti, sembra dare 2 l-sec. La falda del IV terrazzo e subalvea è invece alimentata dai deflussi perenni del Metauro e, fra Calcinelli e il mare, anche dai deflussi di quella del III terrazzo, per la continuità delle alluvioni contenenti le due falde. Ne viene così che la falda freatica più bassa (IV terrazzo e subalvea) è incomparabilmente più ricca e costante dell'altra.

Mi mancano valori di portata; però la permeabilità delle alluvioni è generalmente ottima (pag.203 e 215). Le oscillazioni del livello freatico della falda più bassa sono piccole e non superano generalmente il metro; più varie e spesso più forti sono quelle della falda del III terrazzo, che possono superare anche i 4-5 m; per altri dati rimando ad altre pubblicazioni (10). Ciò si spiega facilmente con l'alimentazione assai più costante, perchè operata dai deflussi liberi del Metauro, della falda inferiore. I rapporti fra questa e il fiume sono quelli soliti che si verificano in tali condizioni.
Negli ultimi chilometri prima della costa, forse solo negli ultimi tre per quello che è noto finora, le alluvioni metaurensi contengono presso la loro base anche una falda artesiana determinata evidentemente da intercalazioni argillose. La profondità di questa falda, che è stata raggiunta da alcuni pozzi per l'acquedotto di Fano, si mantiene a seconda dei casi sui 33-36 metri di profondità dal piano campagna e fra 23 e 25 metri sotto il livello del mare. Di base alle alluvioni e alla falda fanno le argille, forse del Pliocene sup., che sono state attraversate da alcuni pozzi per oltre 50 metri.

In via generale la portata di questa falda è ottima. Un pozzo perforato lungo il Fosso degli Uscienti presso Cà Claudi fino a 95 m di profondità ha trovato a 34 m la falda con una portata di 7-8 l/sec (fra 34 e 95 m argille); due pozzi presso l'Aeroporto forniscono 15-18 l/sec ognuno; un altro presso S. Lazzaro dà 20 l/sec e infine uno al passaggio a livello presso il Porto Canale 50 l/sec. Gli ultimi quattro sono allacciati all'acquedotto di Fano. È interessante, qualora confermato, l'aumento di portata da terra verso mare.
Non conosco la salienza di questa falda. Con ogni verosimiglianza si alimenta a monte della falda freatica subalvea del Metauro; il carattere chimico anomalo di queste acque fa supporre, come dirò, anche un'altra alimentazione.
Fra le falde freatiche e artesiane sarebbero anche da ricordare quelle modestissime contenute entro gli orizzonti permeabili del Miocene e Pliocene, le quali sono attivamente ricercate sulle colline che costeggiano il basso Metauro per l'approvvigionamento idrico delle case coloniche. Si tratta però di venute di minima importanza che all'emergenza danno luogo a modestissime sorgenti (tipi IVd, IVe, Vc, VI, ecc.) in parte già ricordate.
Assai più importanti dovrebbero essere invece le acque artesiane contenute nelle formazioni calcaree fessurate o carsiche del Mesozoico. In modo particolare la scaglia rossa al disotto della copertura impermeabile della scaglia cinerea potrebbe essere l'obiettivo di perforazioni di ricerca (1).

(1) La scaglia rossa costituisce un grande e ricco serbatoio idrico, cui si potrebbe attingere in certe zone con facilità; la sua permeabilità per fessurazione non rappresenta più oggi, dati i sistemi usati, un'alea notevole alla produttività dei pozzi. Il calcare rupestre invece anche se protetto dalle marne a Fucoidi non può costituire un serio obbiettivo per la ricerca idrica.