'Il bacino del Metauro', di Raimondo Selli

Raimondo Selli

IL BACINO DEL METAURO
Descrizione geologica - Risorse minerarie - Idrogeologia

Edizione elettronica del volume edito nel 1954

PARTE I - CAPITOLO II
LA TETTONICA

3. La tettonica della formazione marnoso arenacea

Ben poco vi è da aggiungere a quanto già si conosce per le belle ricerche di SIGNORINI (177). Ad ogni modo per completare il quadro già esposto riassumerò in breve gli elementi strutturali fondamentali.
La formazione marnoso-arenacea umbro-marchigiana, come quella romagnola di cui rappresenta la continuazione, è caratterizzata da lunghi blocchi ad orientamento NW-SE, relativamente stretti (3-8 km) e con un generale assetto monoclinatico a pendenze dolci verso SW o talora pianeggianti. Ogni blocco presenta al margine NE una brusca ginocchiatura con strati raddrizzati o anche ribaltati verso NE, la quale in profondità passa a una faglia inversa. Cioè si tratta in definitiva di una serie di gradini inclinati verso SW e fra loro compensanti. Un tale assetto strutturale è comune alle potenti formazioni marnoso-arenacee dell'Appennino settentrionale. Le principali ginocchiature o pieghe rovesciate che delimitano a NE i singoli blocchi affioranti nel bacino del Metauro sono le seguenti (da SW a NE):

Anticlinale orlo NE dell'Alpe della Luna-Bocca Trabaria.
Anticlinale Montelabreve-Lamoli-Montemoricce-S. Giovanni a Vignole-Cima del Pietriccio- Sette Ducati (presso la strada Scheggia-Gubbio). È Questo il più lungo asse strutturale della regione seguibile per una sessantina di km.
Anticlinale di Apecchio.
Anticlinale di Mazziconaia-Palazzi.
Anticlinale di M. dei Santi-Sorbetolo.

Infine bisogna ricordare la lunga sinclinale M. Vicino-Serra Maggio-M. Picognola (a NW di Scheggia) che delimita a SW i rilievi mesozoici Nerone-Catria e M. Petria-M. Cucco.
Le due ultime delle cinque anticlinali nominate si trovano sul prolungamento delle faglie inverse che delimitano a NE i rilievi mesozoici Nerone-Catria e Montiego. Si può perciò dire che le ginocchiature o anticlinali rovesciate della formazione marnoso-arenacea corrispondono in profondità a grandi faglie inverse e i singoli blocchi ai grandi embrici profondi del calcare massiccio . Ad analoghe conclusioni si potrebbe pervenire dall'esame della catena eugubina e del suo prolungamento verso NW entro la formazione marnoso-arenacea umbra.

A questo punto possiamo trarre le conclusioni generali del nostro esame tettonico. In tutta la regione compresa fra la Valle Tiberina e l'Adriatico a cavallo del Metauro sono riconoscibili due fasi diastrofiche: un primitivo dolce piegamento, una successiva compressione più intensa. Quest'ultima ha determinato nelle potenti masse rigide di calcare massiccio una notevole fagliature con l'individuazione di grandi embrici, che ad opera della generale deriva verso NE hanno avuto la tendenza ad accavallarsi parzialmente; l'esame della catena eugubina, dei rilievi mesozoici interni e di quelli esterni dimostra che questi sforzi compressivi sono stati più intensi a SW, più dolci a NE, cioè si sono andati gradualmente attenuando da SW a NE. I complessi stratigrafici sovrastanti hanno reagito in vario modo a questa seconda fase diastrofica: la scaglia, se si trovava in prossimità della antica superficie topografica, si è compressa in strette pieghe rovesciate disancorandosi dal substrato; i complessi giurassici-cretacei (corniola-rupestre inclusi) hanno avuto un comportamento intermedio fra quelli del calcare massiccio e della scaglia, avvicinandosi però assai più al primo; la formazione marnoso-arenacea si è rotta in grandi blocchi, la ginocchiatura di NE di questi si trova in corrispondenza della fronte dei grandi embrici profondi; la scaglia cinerea, il Bisciaro e lo Schlier a NE dei rilievi mesozoici interni si sono incuneati con motivi pseudodiapirici entro la copertura tortoniano-messiniana scollandosi spesso dal substrato. Rimando a pag. 177 del presente lavoro e ad altre mie pubblicazioni già più volte citate (217, 218) per una sintesi tettonica della regione marchigiana.