'Il bacino del Metauro', di Raimondo Selli

Raimondo Selli

IL BACINO DEL METAURO
Descrizione geologica - Risorse minerarie - Idrogeologia

Edizione elettronica del volume edito nel 1954

PARTE IV
ALTRI MATERIALI UTILI

CAPITOLO III
ARGILLE SMECTICHE

Da oltre un decennio la nostra regione è stata oggetto di ricerche e anche di estrazione di argille smectiche o decoloranti o meglio, tenendo conto della loro composizione mineralogica, di argille montmorillonitiche. Tale materiale viene normalmente indicato col nome improprio di bentonite. Per gli usi svariatissimi cui si prestano oggi queste argille e dato che queste marchigiane si presentano veramente buone, credo necessario intrattenermi su di esse. Premetto che il mio esame sarà essenzialmente geologico e pratico e non petrografico, in quanto questo anche se di capitale importanza esula dalla mia competenza (1).
Le argille montmorillonitiche metaurensi si presentano di colore biancastro-grigiastro o gialliccio (talora addirittura tendenti al bruniccio), con frattura concoide o di tipo sferoidale e a grana finissima; in acqua si spappolano e rigonfiano notevolmente. Al microscopio si mostrano con elementi prevalentemente lamellari e minutissimi; fra i componenti mineralogici domina la montmorillonite. Sono presenti anche resti organici: rarissime globigerine (ciò che contrasta enormemente con la grande abbondanza di Foraminiferi dello Schlier adiacente), pure rarissimi radiolari e più frequenti spicole di spugne. Si tratta quindi di tipiche argille montmorillonitiche sedimentarie. È evidente però che è necessario conoscere anzitutto le proprietà tecniche di queste rocce, con ricerche accurate e complete ed estese a molti affioramenti, tenendo conto delle varie possibilità di applicazioni.
Le argille montmorillonitiche marchigiane si trovano intercalate entro le marne del Miocene medio a facies di Schlier (pag. 29) e più precisamente nella parte alta della formazione a circa 180-200 m dalla sua base (2). Le argille utili si presentano in strati di potenza variabile da pochi centimetri fino a un metro; normalmente però compare un solo strato di maggior potenza accompagnato da 1-3 altri assai esili.

(1) Per le questioni petrografiche relative alle argille montmorillonitiche rimando ai begli studi di ANDREATTA C. (v. ad es. Ind. Min. d'Italia e d'Oltremare, n. 4, 1943).
(2) Questi valori derivano da ripetute misure effettuate fra Metauro e Cesano dove lo spessore complessivo dello Schlier si aggira fra 290-300 m.



Anche se i singoli strati argillosi variano notevolmente di spessore e talora perfino si perdono, data la loro tendenza lentiforme pur se estremamente attenuata, si può affermare l'esistenza entro lo Schlier alto di un vero e proprio orizzonte ad argille montmorillonitiche potente forse solo alcuni metri e con distribuzione pressoché generale nella regione metaurense.
La presenza di questo che credo un orizzonte guida è assai importante, perchè può orientare facilmente le ricerche malgrado le pessime esposizioni. Infatti allorché son noti uno o più affioramenti con l'ausilio delle conoscenze strutturali è possibile prevedere l'andamento in superficie di queste argille; assai utili possono riuscire anche le informazioni dei locali che chiamano volgarmente questa roccia pietra saponaria. Sulla Tav. VII ho cercato di schematizzare l'andamento di questo orizzonte; si può così vedere facilmente come i vari affioramenti si allineano parallelamente agli assi delle pieghe.
Anche se l'orizzonte ha una distribuzione generale nella regione del Metauro credo utile accennare qui sotto ai vari affioramenti, aggiungendo, quando è possibile, una breve descrizione o altri dati utili. Passerò perciò in rassegna le varie pieghe neogeniche a NE dei massicci mesozoici interni, secondo l'ordine già seguito a pagg. 48-59.

Sinclinale Orsaiola-Cagli. Non furono fatte ricerche in questa zona, però, da notizie raccolte, sembrerebbero esistere argille smectiche nelle immediate vicinanze di Cagli, cioè sul fianco SW della sinclinale.
Sinclinale Cà Baldo-S. Cristoforo. Risulterebbero ritrovamenti non lungi da Molleone sul fianco NE della sinclinale e presso Maestà a NW di Smirra; in quest'ultima località lo strato sembrerebbe raggiungere i 20 cm. Anche qui nessuna ricerca.
Nella sinclinale interposta fra le anticlinali di Acqualagna e di S. Maria in Ripuglie - M. S. Lorenzo affiorano argille smectiche nel fosso di Cherio.
Numerosi sono gli affioramenti e molti gli scavi fatti nella lunga sinclinale SS. Maria in Val di Lotto-Pelingo-Tarugo. Fra il fosso Mustiola e S. Giovanni in Ghiaiolo sono seguibili due linee di affioramento che costeggiano le contigue anticlinali di S. Maria in Ripuglie e M. Spadaro. Presso Cà Filippo (km 1,5 circa a S di S. Giovanni in Pozzuolo) l'argilla smectica affiora con uno spessore di 20-30 cm, raggiungendo talora anche i 60 cm ed è seguibile per circa 200 m. Sul fianco opposto della sinclinale presso Cà Donnino a S di M. Spadaro l'argilla è stata messa in evidenza da una frana e si presenta con uno spessore di soli 10 cm.
Poiché il fondo di questa sinclinale si rialza sensibilmente nella valle del Candigliano, le argille smectiche scompaiono poco a E di S. Giovanni in Ghiaiolo per ricomparire nel bacino del Tarugo. Qui appunto fra il Castello (a NW di Monte Scatto) e il Tarugo (fra il paese di Tarugo e il Molino di Parasacco) riprendono i due soliti allineamenti, che seguendo la direzione NW-SE si continuano verso SE oltre il Tarugo, passando presso Monte Gherardo per giungere fino ai dintorni di Pergola, divaricandosi progressivamente fra loro. Al Molino di Parasacco le argille affiorano presso il torrente in uno strato di 12 cm circa di spessore accompagnato un paio di metri sotto da un altro più esiguo di 2-3 cm; l'inclinazione è di circa 50° verso SW. Lo spessore dello strato principale aumenta presso Caselle raggiungendo i 340 cm ma per lo più mantenendosi sui 20-30 cm.
Ritornando all'Urbinate ritroviamo affioramenti sul fianco NE dell'anticlinale di M. Spadaro, dove sono stati seguiti con piccoli scavi a giorno da NNE di Cà Monte Soffio fin presso la Parrocchia di Crocicchia. Altri affioramenti si hanno nel nucleo dell'anticlinale di M. Percio e in particolare presso Cà Felice (fra Maciolla e Cà Monte Soffio), dove uno straterello di pochi centimetri inclina, insieme allo Schlier che lo include, di 65° verso SW, il quale emerge da un Tortoniano-Messiniano circostante sub-orizzontale.
Ricerche furono fatte anche sui fianchi dell'anticlinale Urbino-M. Polo soprattutto proprio alla periferia di Urbino, ma con risultati assai scarsi dati i notevoli disturbi tettonici di dettaglio.
Nella sinclinale Calmazzo-Cartoceto sul Tarugo si ebbero vari ritrovamenti; così fra l'Abbadia e Cà Colombara, sotto Pagino, al Molino Fabbri (N di S. Martino dei Muri), dove oltre lo strato maggiore di 35 cm circa di spessore ve ne sarebbero altri 4-5 esili e a N della Ripa del Sasso (con 40 cm circa).
Particolarmente interessanti sono gli affioramenti del fianco NE dell'anticlinale della Cesana fra la strada Urbino-Trasanni, presso Colonna, presso Cà S. Mariano 2° a S di S. Tommaso e in numerose altre località, che furono poi abbandonate per il rapido esaurirsi del materiale utile. A Caspasso si trovò uno strato dapprima cospicuo (pare addirittura di un metro di spessore) che poi si assottigliò in breve spazio. Anche presso Cà Garibaldi sembra sia stato estratto materiale per alcuni anni.
Più intensi lavori furono condotti poco più a E presso il fosso fra il M. dei Frati e C. Nuova dove da uno strato di 50-80 cm pare sia stato estratto qualche migliaio di tonnellate di utile di cui 300-400 ancora ammucchiato sul piazzale. Questa argilla è di due qualità, una gialliccia (talora un po' ferruginosa), che è la migliore, e una grigiastra; entrambe si desquamano secondo noduli concentrici. Lo Schlier incassante è biancastro con intercalazioni più argillose grigiastre e con pendenza sui 15° in via generale verso NE, ma con direzione variabile. Dato l'andamento degli strati a franapoggio lo sterile del tetto è di limitato spessore.
Procedendo verso SE lungo il fianco NE dell'anticlinale della Cesana si possono citare ritrovamenti presso S. Piero i Tambis, non lungi da Fossombrone, e alle pendici di M. Raggio.
Nei dintorni di Isola di Fano, sul fianco NE del prolungamento del rilievo della Cesana, furono fatte ricerche a E di Caspessa nel fosso sotto Cà della Compagnia. Qui vennero scavate due gallerie di 45 e 50 m rispettivamente, ora quasi del tutto franate. Lo strato ha 20-24 cm di spessore e notevoli impurità ferruginose, pende di circa 25° verso NE e si trova interposto a marne dure biancastre; poco propizie sono perciò le condizioni di sfruttamento. Furono asportate alcune decine di tonnellate. Più a SE le argille montmorillonitiche riaffiorano sul versante orientale di Poggio Castellaro (dintorni di Montevecchio); però non furono condotte ricerche minerarie.
Numerosi sono stati i ritrovamenti e gli scavi sui fianchi o presso l'apice dell'anticlinale Gemmano-Colbordolo-Vergineto. Nei dintorni di Mondaino i lavori furono particolarmente notevoli; infatti oltre ai normali scavi a giorno si eseguirono due perforazioni rispettivamente di 178 e 153 m e discenderie, gallerie e traverse per uno sviluppo complessivo di m 549. Furono messi in evidenza e incontrato più volte due strati di argille smectiche, di cui però ignoro lo spessore.
In tutta la zona fra Colbordolo e Montegaudio i numerosissimi piccoli scavi a giorno permisero l'apertura di una decina di cantieri, per periodo piuttosto brevi. Presso Coldelce lo strato si presenta con 30 cm circa di spessore. Ritrovamenti si ebbero al M. di Colbordolo, M. Busseto, Coldelce, fra Coldelce e Codignola e in molti punti della valle del torrente Mulinello. Gli spessori si sono mantenuti sui 30 cm, di rado superandoli notevolmente e più spesso scendendo al disotto di questo valore. La regione è disturbata tettonicamente e percorsa da molte piccole faglie trasversali e longitudinali e pieghettamenti.
Un ritrovamento si fece anche presso Cà Berlone sul fondo del Rio Maggiore a SW di Serrungarina.
Sono infine da ricordare gli affioramenti di argilla smectica nella valletta che sbocca presso Cuccurano nel nucleo di Schlier dell'anticlinale omonima. Poco si può dire sulla giacitura essendo la zona coltivata e coperta da abbondante detritico; dagli scavi a giorno compiuti risulta essersi incontrate lenti argillose con uno spessore massimo di pochissimi decimetri.

Da quanto si è esposto si possono trarre alcune conclusioni: l'argilla smectica si trova sempre connessa con un orizzonte piuttosto alto dello Schlier in lenti o strati che spesso hanno una grande continuità, ma notevole variabilità di spessore. La ricerca può quindi essere assai ben orientata dalle condizioni geologiche e dall'andamento degli affioramenti delle marne elveziano-tortoniane.
Dalle prove e dalle utilizzazioni finora fatte è risultato che questo materiale ha buone proprietà fisiche e chimico-fisiche, come i tipi buoni delle cosiddette bentoniti del commercio. Esso quindi può essere ancora oggetto di ricerche e sfruttamento, come è già avvenuto in questi ultimi anni. Bisogna però tener presente che l'esiguità degli spessori (sempre inferiori al metro), la loro variabilità, i notevoli e frequentissimi disturbi connessi con la caratteristica tettonica di queste pieghe neogeniche (pag. 59) e la franosità dello Schlier incassante non consigliano, salvo casi particolari da accertarsi con cura, una ricerca mediante gallerie o perforazioni. Assai più economica è invece una ricerca e anche un eventuale successivo sfruttamento a cielo aperto; data la vastità della zona d'indagine, occorrerà scegliere le zone più propizie non solo dal punto di vista della quantità del minerale ma anche da quello delle condizioni morfologiche, per avere migliori condizioni di abbattimento. Si può anche aggiungere che ricerca e fruttamento, come del resto è anche avvenuto finora, dovranno essere quasi contemporanei, non essendo possibile mettere in evidenza notevoli cubature. Sarà quindi più conveniente aprire solo piccoli cantieri e con facili possibilità di spostamento onde ridurre al minimo le spese.
In definitiva credo che, date le buone caratteristiche e la notevole frequenza, queste argille potrebbero dare ancora alimento a una modesta attività mineraria, rappresentata da tanti piccoli cantieri temporanei in relazione alle piccole, ma numerosissime cubature, che sarà facile poter mettere in evidenza. L'assenza di concentrazioni notevoli, l'esiguità e la discontinuità degli strati utili impedisce invece il sorgere di un'industria estrattiva di un certo rilievo, a meno di insperati successi della ricerca.